Coraggio e Paura a Carpi con l’Associazione Zero K

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Si terrà Mercoledì 13 Febbraio alle ore 18:30 l’incontro pubblico organizzato dall’Associazione Zero K con me alla Libreria La Fenice a Carpi.

L’associazione Zero K nasce con il nobile scopo di promuovere e divulgare le cure palliative e di fine vita attraverso l’arte (cinema, fotografia, letteratura,…).

Il ciclo di incontri in libreria è denominato “Coraggio e Paura” e ringrazio l’associazione Zero K, nel nome del suo Presidente Massimiliano Cruciani, proprio per aver pensato a questo titolo.

Vi sarà una diretta Facebook e una mia intervista che andrà in onda su tutti i canali social miei e dell’Associazione.

Link al sito dell’Associazione Zero K

Qui il programma degli incontri, inutile dire che vi aspetto in tanti!

Grazie.

Cristian.

Cancro e confetti. Una storia da raccontare.

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G. ha il Cancro. Lo sa. É un mio paziente ma inevitabilmente é diventato un grande amico e lo sarà sempre.

Ho conosciuto G. circa 3 anni fa, all’inizio del suo percorso di malattia. Dovete pensare che 3 anni, per chi si occupa di fine vita sono tanti in termini di “percorso assistenziale”. La fortuna di un così lungo periodo nasce da una banalità, una semplice medicazione settimanale ad un catetere venoso centrale con i prelievi ematici che servivano prima di ogni chemioterapia. Il tutto per far si che G., vedovo da molti anni e con un solo figlio su cui contare, potesse evitare inutili viaggi in ospedale che si riducevano solo al giorno della terapia. É stato facile diventare amici, si Amici poiché G. era un uomo semplice, un concentrato di bontà e ingenuità da bambino, quell’ingenuità delle persone buone nonostante la vita con lui non sia stata certo generosa. Tutt’altro. In questi tre anni il mio amico ha lottato in silenzio, senza mai far pesare a nessuno, soprattutto al figlio, i momenti difficili di un percorso minato di rabbia, dolore interiore, delusioni e illusioni. G. ha vissuto bene fino a pochi giorni fa e poi il cancro ha preso il comando. Ma nonostante tutto la dignità di questo piccolo grande uomo ha fatto sì che la morte stessa, sopraggiunta questa sera, sia arrivata quasi come una carezza. Non c’é stato bisogno di grandi interventi terapeutici, G. si é affidato a quella luce riflessa negli occhi del figlio, a quella luce che sicuramente sperava di ritrovare chissà dove negli occhi dell’amata moglie e alla nostra amicizia.
Vi racconto questo aneddoto che per me é stato ed é uno dei più grandi regali che la mia professione abbia potuto donarmi. Qualche giorno fa, entrando in casa, noto sul tavolo dei confetti (io ne vado matto) che ovviamente mi vengono offerti. Provenivano da una qualche cerimonia. Il giorno dopo mi ritrovo un vassoio stracolmo di altrettanti confetti. “Caspita” – dico a G. che ancora riusciva a mangiare – “sei proprio un golosone come me!”. Con quel poco di voce, ma con quella luce negli occhi mai mancata mi dice ” a me non piacciono, mio figlio non li mangia, sono tutti per te. Li lasciamo qui, almeno quando vieni mangi qualcosa (gli accessi erano da tempo diventati quotidiani e G. sapeva che il pranzo con i miei ritmi non esiste). Un gesto già allora di grande generosità, in un contesto dove non certo regnava ricchezza materiale ma tantissima ricchezza interiore.
G. si aggrava in questi ultimi giorni e lascia il corpo poco fa, serenamente, come una farfalla che non fa rumore, ma con un battito d’ali che ha liberato serenità e amore.
E poco fa ricevo il regalo più grande che G. potesse farmi. Parlando al telefono con il figlio che mi comunicava la morte del padre, con la stessa semplicità e dolcezza che nessuna laurea, nessun bel vestito, nessuna ricchezza materiale ti può insegnare mi dice “ehi, io domani ti aspetto comunque, poiché sappi che quei confetti sono tuoi e solo tuoi come papà voleva”.
Si, parliamo di confetti bianchi e rossi che domani andrò a prendere come una sorta di lascito di tutti i nostri discorsi tra me e G. in questi tre anni. Grazie G., amico mio, hai saputo sorprendermi ancora. La tua luce brilla ancora. La tua luce piena di umiltà, di saggezza e di grandissima generosità. E hai vinto. Hai combattuto il cancro con dignità, con semplicità, con dei confetti colorati.

Il tuo amico Cristian.

Negare il Diritto ad accedere alle Cure Palliative e alla Terapia del Dolore. 2018. Lombardia. Italia.

 

Immagine tratta dal web

Negare il DIRITTO ad accedere alle Cure Palliative e alla terapia del dolore. Nel 2018. In Lombardia.

Mi sono ripromesso di non stare più zitto. Anche se fosse solo un caso (ma purtroppo sono tanti ancora oggi) non é ammissibile in un Paese Civile (?) che esistano ancora così tanti pregiudizi legati all’ignoranza e alla presunzione di alcuni operatori sanitari. (il paziente é mio e me lo gestisco io)

Il DIRITTO di morire dignitosamente attraverso l’accesso a tutti i cittadini alla terapia del dolore é sacrosanto ed é, oltre che insito nel Codice di Deontologia medica e infermieristica, dettato dalla legge 38/2010.

Un essere umano alla fine della vita deve essere protetto, accompagnato, accudito laddove qualsiasi sintomo di sofferenza (fisica e non) mini il percorso verso la morte. É nostro dovere morale, etico e professionale. Anche la famiglia va accudita e accompagnata in questo percorso. É chiaro che di fronte ad un proprio caro che ci sta lasciando oltre al dolore, esistono anche paura, timori, ansie…

Abbiamo la fortuna, dove svolgo la mia professione, di avere una vera e propria Rete capillare e attiva 7/7 h24 per le cure palliative domiciliari, grazie all’impegno in questi anni dell’ATS, della Regione e di tutti gli operatori coinvolti che, permettetemi di dirlo, hanno dato e continuano a dare moltissimo nella loro quotidianità .

Arrivo al dunque. Di fronte ad una famiglia tanto spaventata, fragile, é nostro dovere prendere per mano tutti i protagonisti ed essergli vicino non solo tecnicamente ma anche, e soprattutto, umanamente per condividere un percorso di certo difficile ma che va affrontato nell’esclusivo interesse del malato, che é colui che deve essere ascoltato, protetto e reso protagonista della propria situazione. Il nostro faro guida: l’autodeterminazione terapeutica, altro cardine fondamentale. Così come vanno valorizzate le competenze dei familiari, che devono essere aiutati e supportati al meglio.

La grande frustrazione e rabbia é quando tutto questo non ci é consentito (pur essendo presenti) poiché é tale l’ignoranza e il pregiudizio di qualche medico curante (chiedo venia, oggi si dice Medico di Assistenza Primaria), o di taluni sanitari ospedalieri e non i quali di fronte ad una diagnosi non certo favorevole “terrorizzano” e spaventano (senza alcuna logica etica, morale e scientifica) la famiglia. E basta veramente poco. Parole che pesano come macigni, dettate da ignoranza e anche (involontariamente) da cattiveria. Non cito ciò che é stato detto per rispetto di tutti quei medici (e per fortuna sono la maggior parte!) che pensano veramente al bene di una persona che si ritrova da un giorno all’altro la vita stravolta e che collaborano attivamente con l’equipe di cure palliative, attivandosi nel modo corretto.

Ripeto, mi sono ripromesso di non tacere più e soprattutto di segnalare a chi di competenza atteggiamenti che vanno oltre la mia umana comprensione e che danneggiano inevitabilmente un percorso con tanti obiettivi, soprattutto quello di garantire una morte dignitosa e (non meno importante) la costruzione di un rapporto di fiducia con la famiglia affinché la stessa si affidi per affrontare al meglio, insieme, un tratto di strada della vita così difficile ma che deve essere improntato ad evitare il più possibile sofferenza. Lo ripeteró sino alla noia che l’attivazione precoce delle cure palliative migliora di molto la qualità della vita del paziente e, cosa non meno importante, non lascia soli pazienti e famiglie in un vortice di dubbi, ansie, paure, perplessità… L’esserci é parte integrante del percorso di cura! 

Ci vorrebbe un altro post anche per ricordare tutte quelle persone affette da dolore cronico benigno, abbandonate a se stesse, non informate, non indirizzate alla terapia del dolore. Anni e anni di accessi in pronto soccorso, il solito antidolorifico in vena e via a casa. “Si rimanda al curante” é solito scrivere. E il ciclo si chiude. E l’incubo continua.

A margine ricordo anche a voi tutti che il Medico di Assistenza Primaria é già retribuito ogni qualvolta effettui una visita al vostro domicilio. Qualunque richiesta di denaro é inappropriata e passibile di denuncia alle autorità competenti. (Il paziente é mio e me lo gestisco io… Se la matematica non é un opinione…). Passo. Ma non chiudo.

Cristian Riva

Testamento Biologico e Sedazione palliativa terminale : facciamo chiarezza.

L’Italia era, ancora una volta, uno dei pochissimi Paesi a non avere una legge sul testamento biologico che mette i cardini a due principi essenziali. Nessun trattamento può essere applicato al paziente se lo stesso non é consenziente (esso può rifiutare liberamente qualsiasi procedimento, compresa idratazione e nutrizione artificiale). Inoltre potrà rifiutare o accettare in anticipo i trattamenti che verranno praticati anche alla fine della vita, nominando un fiduciario o un amministratore di sostegno.

Fonte Youreporter.it

Per ciò che concerne la spt (sedazione palliativa terminale) la stessa é di fatto già compresa come terapia nelle cure palliative entrando a pieno titolo nei Lea (livelli essenziali di assistenza) già dal 2010 con la legge 38. É un atto terapeutico che consente di liberare il paziente dalla sofferenza. Non é una procedura invasiva e si attua attraverso la somministrazione di farmaci sedativi in maniera continuativa tale da mantenere l’obiettivo principe della sedazione: far dormire il paziente, abbassando o annullando lo stato di coscienza, per non farlo più soffrire. (non potremo guarire il sintomo refrattario ma sarà nostro dovere non farlo vivere al malato in fase terminale). Nulla a che vedere con l’Eutanasia che invece é la volontà di porre fine alla vita immediatamente su esplicita richiesta del paziente. Il biotestamento é un grande passo di civiltà per il nostro paese ma nello specifico la sedazione palliativa terminale fa già parte di una delle tante procedure curative che si utilizzano alla fine della vita proprio attraverso le cure palliative. Diversi documenti scientifici internazionali e nazionali (redatti ad esempio dal Comitato per la bioetica o la Società Italiana di cure palliative) affermano l’assoluta appropriatezza etica della sedazione palliativa terminale. La decisione di praticare tale terapia é in prima istanza sempre del paziente che la può chiedere già all’inizio del percorso di cure palliative. (chiederla non significa attuarla precocemente); ovvero un paziente consapevole della propria diagnosi e prognosi potrà già da subito confrontarsi con l’equipe di cure palliative e stabilire, nel momento in cui la sofferenza sarà eccessiva o uno o più sintomi saranno refrattari a qualsiasi terapia sintomatica, di essere sedato. Un vero e proprio mandato che il paziente consegna nelle mani dell’equipe curante che dovrà essere assolutamente rispettato. Alla base di tutto ciò fondamentale é l’attivazione precoce delle cure palliative al fine di consentire un’alleanza terapeutica efficace tra l’equipe di cura, il paziente e i familiari. Un processo decisionale condiviso e rafforzato nel tempo.

La relazione di cura. Una vera alleanza terapeutica.

Diversa una condizione di urgenza alla fine della vita (solitamente la stessa coincide purtroppo con una mancata o tardiva attivazione delle cure palliative o un repentino cambiamento delle condizioni cliniche) ove sarà il sintomo refrattario (che quasi mai é il dolore fisico), ad esempio una grave difficoltà respiratoria, un’agitazione e inquietudine non più trattabile, anche la paura della morte che si sta avvicinando, che pone il paziente in una condizione di tale stress psico-fisico che diventa ingestibile e intrattabile con i farmaci sintomatici. Sarà dovere, clinico ed etico, del medico palliativista attuare la terapia sedativa che, in questi casi di sofferenza estrema nella fase finale della vita, sarà l’unico intervento efficace per garantire al paziente una morte dignitosa. É nostro dovere mantenere la più alta qualità di vita durante la malattia ma necessariamente garantire una morte che sia la più dignitosa possibile. Ove un sintomo, in fase terminale, diventa ingestibile, l’unica certa protezione contro la sofferenza, la cosiddetta situazione definita come “dolore totale” di quel momento (e delle ore o giorni successivi, poiché la sedazione non accorcia i tempi di vita, a volte li allunga proprio perché si toglie dal vissuto fisico e psicologico tutta la sofferenza) sarà proprio far dormire il paziente cosicché da non fargli vivere in piena lucidità e coscienza una condizione inaccettabile sotto il profilo clinico, ma anche umano.

Prima di morire, Marina Ripa di Meana ha voluto lasciare un video-messaggio con un forte appello: “fate sapere ai malati terminali ormai senza speranza che si può morire senza dolore grazie alla sedazione palliativa profonda e quindi l’Eutanasia non é l’unica strada.”

Marina Ripa di Meana con i suoi cani (Fonte: Ansa)

Dobbiamo ringraziare Marina poiché in Italia, pur avendo una legge che garantisce l’accesso alle cure palliative a tutti i cittadini, di qualsiasi età (la sopracitata legge 38/2010), questa tipologia di servizio é poco conosciuta (non solo dai cittadini ma anche dagli operatori sanitari che non si occupano di fine vita) e, purtroppo, praticata ancora troppo “a macchia di leopardo”. Le cure palliative esistono e devono essere attuate in qualsiasi contesto poiché in un Paese civile non si deve subire alcuna sofferenza gratuita! (Clicca QUI per approfondire)

Clicca sull’immagine* per leggere il mio post “La legge c’é, ma la realtà qual’è?

*Fotografia realizzata da Euro Barelli di Fotostudio Immagini in occasione della mostra Zona Rossa  (Clicca QUI per visitare il sito)

A mio parere é soprattutto a domicilio che devono essere potenziate ,su tutto il territorio Nazionale, per far sì che venga raggiunto un altro grande passo di civiltà: avere la possibilità di morire nella propria casa, con i propri affetti, supportati da un equipe di professionisti (Medico palliativista e Infermiere reperibili h24 7/7, Operatore Socio Sanitario, Psicologo,…) attraverso un percorso di accompagnamento e supporto condiviso senza mai dimenticare che la nostra presenza é, sempre, per il paziente e con il paziente.

Cristian